Tic Tac Green Pass e privacy: gli obblighi per il settore lavoro, pubblico e privato prestano il fianco alle critiche no vax

Invocata la privacy e il diritto di auto determinarsi, rispondono l’Autorità Garante ed il Consiglio di Stato

Tic Tac Green Pass per il mondo del lavoro: meno di un mese di tempo per adeguarsi, dal pubblico al privato agli studi professionali, alle piccole p.iva,  cosa dovranno fare i datori di lavoro per essere in regola con i nuovi obblighi previsti dal decreto e come tutelare la privacy dei dipendenti.

La data prevista per l’entrata in vigore delle ultime disposizioni dettate dal Governo Draghi, per scongiurare una nuova ondata autunnale dell’epidemia che metterebbe seriamente a rischio la ripresa dell’economia, è dunque fissata per il 15 ottobre.

Esaminiamo i punti essenziali del provvedimento:

QUANDO: 15 ottobre/31 dicembre

Le disposizioni del nuovo decreto inizieranno a decorrere dal 15 ottobre e resteranno vigenti sino al 31 dicembre, data attualmente identificata per il termine dello stato di pandemia, dunque lo stato di emergenza.

DESTINATARI: settore pubblico e privato.

Sono davvero ridotte le categorie escluse dall’applicazione delle disposizioni che sanciscono l’obbligo del green pass. Di sicura l’applicazione per l’intero settore pubblico, compreso il personale delle autorità amministrative indipendenti, della Consob e la Commissione di vigilanza sui fondi pensione, della Banca d’Italia, nonché degli enti pubblici economici e degli organi di rilievo costituzionale, unitamente a coloro che rivestono cariche elettive o istituzionali di vertice. Ad i soggetti dipendenti dei suddetti enti, si aggiungono quelli che svolgono la propria attività lavorativa in un’amministrazione pubblica, anche se con contratti esterni, ad esempio i consulenti.

La maggiore portata innovativa si ha per l’obbligo esteso anche al settore privato, di guisa che tutti i dipendenti dovranno esibire il green pass per accedere al luogo di lavoro. Per il mondo della Giustizia, l’accesso ai tribunali sarà regolamentato in maniera diversa in virtù del ruolo ricoperto e della finalità dell’accesso, restano esclusi dall’obbligo di possesso ed esibizione i testimoni, gli imputati, le altre parti del processo, nonché consulenti e periti (che tuttavia, dovrebbero averlo se, in possesso di p.iva, ad esempio, per accedere allo studio professionale), vige l’obbligo, invece, per i magistrati (anche onorari), i procuratori dello stato e i componenti delle commissioni tributarie. Per i magistrati ordinari oltrepassare l’ingresso del Tribunale senza il green pass sarà considerato anche un illecito disciplinare, sanzionabile secondo le norme che disciplinano la materia.

SANZIONI: DIFFERENZA TRA PUBBLICO E PRIVATO.

Per i lavoratori:

L’inosservanza delle disposizioni del decreto variano per i dipendenti del settore pubblico e quello del privato.

Mentre per i dipendenti del primo settore devono decorrere 5 giorni di assenza ingiustificata, per rendere applicabile la sanzione della sospensione del rapporto di lavoro (stipendio compreso), per il settore privato non sarà necessario che il datore di lavoro attenda alcun termine, essendo la sanzione immediatamente applicabile. Inoltre, per tutte le categorie di dipendenti, pubblici, privati, autonomi presenti sul luogo di lavoro senza il possesso del green pass, si potranno applicare anche sanzioni che vanno da € 600 fino ad € 1.500. Elemento comune ai due settori, resta l’esclusione della possibilità di far conseguire provvedimenti disciplinari e resta sempre salvo il diritto alla conservazione del rapporto di lavoro.

Per i datori di lavoro:

L’obbligo di verificare il rispetto del decreto non è privo di profili sanzionatori, in caso di condotte omissive, a carico dei datori di lavoro, si potranno erogare sanzioni che vanno da un minimo di 400 euro fino all’importo di euro 1000.

PUNTO CRUCIALE: I CONTROLLI.

Chi deve effettuarli e quali procedure seguire.

In un primo momento si era pensato al medico competente ma, la categoria ha subito chiarito la propria posizione escludendo tale possibilità.

Non è rimasta altra scelta al Governo, a questo punto, se non ascrivere il dovere di controllo ai datori di lavoro, senza alcun discrimen tra il settore pubblico e quello privato.

All’uopo, resta meno di un mese di tempo ai vertici aziendali ed ai dirigenti pubblici per disegnare i processi di verifica ed identificare i soggetti eventualmente adibiti al controllo.

Punti essenziali delle modalità operative dovranno essere:

– nomina di un soggetto responsabile incaricato dell’accertamento;

– predisporre che il controllo venga fatto al momento dell’accesso al luogo di lavoro;

– l’utilizzo di una app ufficiale sviluppata dal Ministero (VerifiCa19) per la lettura della validità del green pass; Per le grandi realtà, più strutturate, si ipotizza anche l‘utilizzo di totem digitali all’ingresso.

GREEN PASS E PRIVACY: IL PUNTO DEL GARANTE E DEL CONSIGLIO DI STATO.

L’AUTORITA’ GARANTE: il trattamento dei dati in fase di verifica non comporta alcun illecito se segue la normativa e non necessita del consenso dell’interessato.

Il Garante osserva che nelle procedura di verifica condotta secondo le norme di riferimento in vigore, a mezzo dell’app sviluppata dal Ministero della salute – VerifiCa19- non vi è alcuna raccolta del dato. Tale aspetto è sancito e garantito dal DPCM 17 giugno 2021 che prevede, inoltre, la mancata raccolta di qualsiasi dato riferibile all’intestatario della green card da parte del soggetto incaricato della verifica e debitamente istruito.

I limiti delle verifiche restano ascritti in capo ai datori di lavoro, pertanto il trattamento dei dati dovrà essere funzionale ad adempiere agli obblighi di legge a lui prescritti e adeguato al principio di minimizzazione in tema di protezione dei dati personali.

In tal senso, il soggetto incaricato di eseguire i controlli dovrà ricevere istruzioni specifiche e il trattamento eseguito non potrà in alcun modo ritenersi illecito.

IL CONSIGLIO DI STATO

Recentissima la pronuncia del supremo organo di Palazzo Spada, che –uniformandosi alla decisione emessa dal Tar Lazio n. 4281/21- respinge un ricorso cautelare avverso gli obblighi imposti dal Governo tramite il green pass argomentato sulla presunta violazione del Regolamento Europeo sulla protezione dei dati personali, nello specifico quelli sanitari ex art. 9 del GDPR.

Il CdS opera un bilanciamento di interessi tra i principi costituzionali in rilievo nella questione da decidere, evidenziando che tra l’interesse dei singoli espresso nel loro diritto di auto determinarsi e l’interesse pubblico alla salute ed alla sicurezza, previsto anche dall’art. 32 della Costituzione, è sicuramente quest’ultimo da valutare come prevalente di guisa che non deriverebbe l’attualità del pregiudizio, requisito indispensabile all’accoglimento del ricorso in via cautelare.

La prevalenza dell’interesse alla tutela della salute e sicurezza pubblica non è stato il solo aspetto valutato nel giudizio di bilanciamento non potendosi sottovalutare un altro importantissimo interesse collettivo, posto anche alla base della ratio del decreto emanato dal Governo Draghi, ovvero la necessità della ripresa economica e sociale delle attività.

Sul rilievo della presunta violazione dell’EU 679/16, chiaro è stato il dictat dell’Autorità Garante della Protezione dei Dati Presonali: essersi sottoposti al vaccino resta un dato sottoposto al controllo esclusivo del medico competente che potrà stabilire l’idoneità alla mansione del lavoratore, mai del datore di lavoro. Tuttavia, la verifica del possesso del green pass è un controllo esercitabile sia dal datore di lavoro che da un incaricato ad hoc in quanto dal controllo nulla si evince su tale condizione (vaccinato/non vaccinato), pertanto non è possibile raccogliere dati particolari ex art. 9 GDPR ma solamente “spuntare” la presenza del green pass, condotta dalla quale non consegue alcun trattamento illecito dei dati personali. 

Contributo scientifico dell’Avv. Marcella Esposito

Lascia un commento